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Le colpe dei cattolici

14 Set

di Franco Monaco

in “Europa” del 13 settembre 2011

Complice l’esaurimento di un ciclo politico, il tramonto inglorioso e avvilente di una lunga stagione politica dominata dalla centralità della figura di Silvio Berlusconi si è aperta una riflessione sui soggetti collettivi che potrebbero esprimere un loro protagonismo nella fase che si dischiude davanti a noi.

Tra questi, i cattolici. Personalmente diffido delle semplificazioni e delle ambiguità che spesso contrassegnano quella riflessione. Come quando si dà per scontato che i cattolici siano oggi politicamente ininfluenti, che per converso in passato (quale?) siano stati centrali o addirittura egemoni, che i cattolici siano un soggetto indistinto anziché plurale non solo oggi ma da sempre, che soprattutto la loro significanza si misuri su base quantitativa con riguardo a formazioni politiche nominativamente cristiane.

Tutti assunti che meritano di essere problematizzati, sottoposti a vaglio critico. Pena una grande confusione e una facile strumentalizzazione. Che nuocciono all’analisi e alle soluzioni. Di tali fuorvianti semplificazioni abbiamo avuto un saggio solo qualche giorno fa sulle pagine del Corriere della Sera da parte di uno storico pur serio e brillante come Ernesto Galli Della Loggia, il quale, scambiando la realtà con i propri desiderata, ha sostenuto l’audace teoria secondo la quale i cattolici (?) non possono che posizionarsi sul fronte di destra dello schieramento politico.

Tesi priva di fondamento storico e teologico. A mettere in discussione tale bizzarro assunto basterebbe leggere l’omelia del Papa ad Ancona, che semmai addita ai cristiani una politica audacemente riformista, che contrasti individualismo ed economicismo e che ponga al vertice dell’agenda lavoro, stato sociale, sostegno ai soggetti più deboli. Rinunciando perciò a sintesi troppo pretenziose, mi contento di tre provocazioni.

La prima: oggi, a fronte di uno sfacelo conclamato, dei cumuli di macerie morali e politiche, un nuovo, positivo protagonismo non può essere invocato e tantomeno esercitato senza prima tracciare un bilancio delle responsabilità, attive e omissive. A che titolo possono proporsi come attori-protagonisti di una impresa ricostruttiva materiale e morale quanti sono stati complici o inerti nel tempo della devastazione che è alle nostre spalle? Qui non si tratta di semplici errori, ma di vere e proprie gravi responsabilità.

Colpe collettive, le definiva Dossetti, non limitate ad attori politici e sociali, ma alla comunità cristiana tutta, a cominciare da chi, in essa, porta le più alte responsabilità di guida. Cui spettava un compito, largamente omesso, di discernimento, di illuminazione delle coscienze e di vigilanza cristiana. Quando, nell’immediato secondo dopoguerra, i cattolici assunsero un indiscusso protagonismo fu esattamente perché essi potevano vantare una relativa distinzione alterità rispetto al regime. Oggi, i cattolici come soggetto collettivo, possono rivendicare le medesime credenziali?

Seconda provocazione: è un episodio solo all’apparenza circoscritto e minore. Nella tormentata e caotica discussione della manovra economica con la quale si è cercato di scongiurare il fallimento dell’Italia (di questo si tratta) un ministro attivissimo ha proposto la cancellazione delle pensioni di reversibilità e dei sussidi agli invalidi. Cioè il sostegno alle vedove e alle persone più deboli. Attenzione: non gli abusi, ma la più elementare rete di protezione ai più deboli tra i deboli. Sbaglio o su di essi, poveri, vedove, orfani, il Vangelo proclama un’attenzione speciale, nominandoli espressamente? Bene: non una parola si è levata da parte di uomini di Chiesa. Mi domando: forse si fa una lettura selettiva del Vangelo? Come non rilevare una vistosa sproporzione tra l’esorbitante enfasi posta sulle cosiddette questioni etiche e sui principi non negoziabili (anch’essi arbitrariamente selezionati) e la distrazione su fronti altrettanto obbliganti una genuina coscienza cristiana? Difficile, a fronte di una tale schizofrenia, resistere all’impressione che talvolta vi sia più politica che etica nei pronunciamenti di certi uomini di Chiesa.

Terza osservazione: stentavo a credere alla notizia che il presidente della Cei figurasse quale relatore a un’iniziativa promossa da Gasparri e Quagliarello, rispettivamente presidente e vicepresidente del Pdl al senato. Domando: ma la Chiesa non ha da essere autonoma e distinta dagli schieramenti politici? Non basta enunciarlo. Anche perché si può smentirlo in mille modi. Di più: negli ultimi quindici anni non mi pare si sia dato esattamente prova di alterità e tantomeno di equidistanza. Prodi ne sa qualcosa. Nel mentre misuriamo il disastro prodotto da un ciclo politico, è giusto, è utile, è conveniente associarsi ai protagonisti di tale disastro? Sembra si sia persa la bussola, che si sia dissolta persino la tradizionale prudenza ecclesiastica.

A poco giova, in un contesto tanto politicamente connotato, proferire parole che enunciano la distinzione tra la Chiesa e le agenzie politiche e magari aggiungere che la politica si qualifica per la cura del bene comune e non degli interessi particolari.

Grazie a Dio, pur in questo tempo di confusione e di contaminazione, non un ecclesiastico ma un laico cristiano, un maestro del cinema come Ermanno Olmi, interviene con un nuovo film che, come già con il precedente Cento chiodi, richiama i cristiani al primato del Vangelo della carità, contro ogni legalismo e ogni umano calcolo. Un inno alla gratuità, un appello alla libertà e alla scioltezza del Vangelo che vale più di mille prediche e del profluvio di documenti e di moniti ecclesiastici non sempre avvalorati da comportamenti conseguenti.

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Pubblicato da su settembre 14, 2011 in Generale

 

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