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Sabato pomeriggio: confronto in plenaria

Tutti abbiamo puntato sulla necessità di relazioni e sfrondare oggetti che “dettano legge”.
Tante cose le teniamo vicine per un senso di sicurezza.
La dimensione della voglia di conoscere, nella quale rientrano anche i viaggi, può avere più visioni.
La dimensione del lavoro ce ne si vorrebbe liberare, perché la sentiamo strutturata… ma la maggior parte delle volte ce la strutturiamo noi. E’ come se ci si costruissimo il nostro carnefice.
Forse per evitare il senso di vuoto che altrimenti, nel nostro mondo occidentale, avremmo.
La formalizzazione di rapporti e doveri è il risultato di una tradizione, della nostra cultura (noi siamo cresciuti con il senso del dovere, con la creazione di sensi di colpa… con le aspettative degli altri su di me… quando gli altri non guardano me, ma guardano i loro desideri su di me).
Quanto è legato al ruolo che rivestiamo? E al bisogno di riconoscimento?

Ci sono tante cose superflui sulle cose,  ma anche alle attività che si fanno (più che superfluo legato al materiale, legato alle cose che si fanno… non legate all’essenzialità della persona).  Io sarei essenziale… vado alla ricerca di cose da fare per capire cosa mi manca.
Cercare la relazione con gli altri e perdere di vista se stessi…  cercare più rapporti con il rischio di spersonalizzarsi: rimane la persona in quanto tale, in discernimento per arrivare all’essenziale di ciascuno di noi.

Sono stati depositati cellulari… con motivazioni diverse. Qualcuno ha lasciato il suo “sentirsi indispensabile”. Siamo circondati da tecnologia… di fronte a carta e colori, panico totale.
Montagna e uomo da tenere. Essenzializzare… dall’automobile alla bicicletta… dalla televisione al libro…  1 volto 1 Libro 1 montagna

L’essenziale a cui miro non è diverso dal “casino” di partenza, ma è il minestrone che ne esce quello che “passato al setaccio” mi dà l’essenziale che rimane, che non è “di più”.

Nessuno ha toccato le relazioni… anche se mi chiedo: sono tutte vere, profonde? Di quale tipo di relazioni non posso fare a meno?

I giovani: trovare le linee essenziali è difficile; mi vien da pensare che gli oggetti di per sé possono essere relativizzati rispetto a quantità e uso. Nel minestrone per me c’è la centralità della persona intesa come realizzazione personale che porta a dare il nostro apporto costruttivo al mondo che ci circonda.

Nel mio cammino personale è stato importante il discernimento.

Nel caos cerco il bandolo della matassa e torno a me stesso, alla fin fine non c’è un prima e un dopo… è nelle relazioni che, alla fine ci identifichiamo…  anche nell’opposizione tra l’apertura e la chiusura.
Tengo presente che l’altro è il luogo dell’io, non è in contrapposizione all’io.
Qui il discernimento è continuamente provocato.
Nelle situazioni, che ti stanano… riesci a capire cosa è necessario o no… è la risposta a una realtà che ti interpella.  Nella Gaudium et Spes… le gioie, le tristezze e le speranze di Cristo, sono le gioie, le tristezze e le speranze del mondo, in particolare del povero.
Non è tanto un “spogliarsi” delle cose… Gesù stesso è andato nel deserto, ma non ha scelto di rimanere nel deserto: la sfida è di far emergere dentro le cose stesse quella dimensione di relazionalità che è immessa da Dio stesso nella creazione.
Bisogna farsi amici con la disonesta ricchezza… ogni ricchezza è disonesta a meno che non serva per farsi amici: la relazione con le cose è disonesta se con le stesse cose riesco a creare spazi relazionali.

Nel progetto di Dio le cose sono la realtà dentro cui ci relazioniamo, ci sono date per questo… il pane ci è dato perché venga spezzato.

Tutto questo essenziale, non è tanto di “alleggerimento fisico” ma è un far parlare perché all’interno di questo ci sia l’incontro di ognuno di noi con le varie dimensioni della nostra storia.

Metto in primo piano le mie esigenze o quelle degli altri… do la priorità alle cose da fare o all’essere? Sono dualismi da superare. E’ dentro la prassi che noi modifichiamo noi stessi.  Nelle attività arrivo alle relazioni.
Il problema è se faccio attività e non vivo concretezza di relazione in questo.  Non ci dobbiamo liberare delle cose, ma dobbiamo liberarle… perché dicano qualcosa.

Vivere dentro le dinamiche della vita… un vissuto si trasforma in esperienza… noi viviamo molti vissuti, ma non ce ne riappropriamo come esperienza, non fa la “mia” storia.

Quando noi consumiamo, in realtà non entro in relazione con nessuna cosa: ho bisogno di rapportarmi a una singola cosa per assaporarla fino in fondo.

Dio non è immediatamente nei vissuti, è nel momento della riappropriazione. Le scritture sono questo, scritte dopo. “Dio si vede solo di spalle”. 

Anche nel consumo… non accumulo nel carrello, ma guardo e scelgo il singolo prodotto.

Centrale è il bisogno di sicurezza.  Nell’esperienza cristiana io devo partire dal fatto che Dio mi ama per quello che sono: se mi sento amata “io” ora… mi dovrebbe bastare.
E’ la pienezza, dovrei sentirmi apposto.

Se mi sento “chiamata” per nome e sento che chiama me, posso sentirmi a mio agio nei vari contesti, con o senza oggetti.  Qui non c’è distanza, c’è prossimità. La distanza la chiede il marchio, perché si guarda bene da far vedere cosa c’è dietro.

Noi non siamo in crisi mentalmente, e siamo toccati relativamente dalla crisi economica. Più o meno tutti siamo andati in crisi e, toccandola, ci siamo passati. Ora siamo qua… perché? Noi siamo in una situazione privilegiata. La fatica… la metto in conto? cosa sono disposto a lasciare, sapendo che non torna?La fatica nostra è perché non siamo nella necessità di farlo e sentiamo il grido di altri. La risposta è la croce: morire per rinascere… ma che fatica e dolore. Noi siamo cresciuti in una società del benessere… del consumismo: scegliere in modo critico ha un costo, anche economico. Da soli non ce la si fa .

Lo stile riguarda anche lo scegliere insieme. Ciascuno di noi ha la sua parte da fare, ma oggi non è secondario sortirne insieme.

Nella crisi “gli altri” sono comodi, perché nella crisi gli altri ci guadagnano. Nel momento in cui sei tu che guidi la barca, è diverso. Non è facile, è una scelta quotidiana, ma è una liberazione. E’ una libertà radicale… che parte dall’amore che sento.
L’essenzialità non porta necessariamente a spendere di più: c’è un modo di ripensare ai propri consumi che non è più caro di quello che abbiamo ora… ma solo se lo si fa insieme.

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