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Comunicare… partecipare… cambiare!

Monica Di Sisto, vice-presidente Fair

Tutti conosciamo i marchi… le aziende che “fanno una fortuna”, non conosciamo, però, “chi” ci sta dietro?!
1,02 miliardi di affamati nel mondo dice la FAO, sono aumentati del 15% in area OCSE
Nel 1996 erano stimati in 830 milioni… ci eravamo impegnati a dimezzarli!

Sicuramente, oggi, c’è meno lavoro:
Oltre 190 milioni di persone al mondo – ultimi dati dell’Organizzazione mondiale del lavoro – sono stabilmente disoccupati.
– 76 milioni sono giovani. Ci sono 1,2 miliardi di lavoratori che guadagnano meno di 2 dollari al giorno e l’80% dei lavoratori nell’Africa sub sahariana e dell’Asia meridionale sono “working poor”
– Nella stessa area l’85% delle lavoratrici sono precarie. Dal 1997 al 2007 mentre i fatturati globali crescevano del 4,2% l’anno, l’occupazione aumentava appena dell’1,6%
– E la stima di quelli che alla fine della crisi si ritroveranno senza posto è salita a 200 milioni (… nei paesi avanzati… a differenza di quanto già visto nelle precedenti crisi). L’Ocse stima che 42 milioni lo perderanno solo tra i Paesi ricchi dell’area. Saremo tutti più poveri, insomma, ma costretti a lavorare per rimanerlo.

Il 30 novembre abbiamo celebrato i 10 anni da Seattle… ma quando i poveri cominceranno a stare meglio?

La responsabilità sociale d’impresa… com’è perseguita dalle aziende?
– Sfiora il miliardo di euro all’anno l’importo degli investimenti effettuati dalle grandi aziende a favore del sociale, la cultura, l’ambiente. Nel 2007 oltre il 65% delle imprese italiane con più di 100 dipendenti ha realizzato almeno un’iniziativa di carattere sociale
– Rispetto a un numero stimato di imprese transnazionali che si aggira intorno a 64mila in tutto il mondo, appena 1.500-2.000, il 3% al massimo produce rapporti sociali annuali o simili sulle proprie attività di CSR 

Homo oeconomicus vs? …
La riduzione dell’Homo sapiens a Homo oeconomicus ha portato:
– alla brandizzazione della dimensione simbolica dei prodotti
– alla mercificazione degli oggetti
– alla subordinazione della proprietà e dell’immagine delle cose, della produzione e del possesso, a sistemi ideologici
– reazioni di spoliazione, scelte di negazione e decostruzione pop/boycott

Globalizzazione e new local:
– saper distinguere le forme della società contemporanea impone oggi di osservare da una parte le superfici lisce, i prodotti di un movimento evolutivo sempre più globalizzante ed omogeneo, (…)
– dall’altro di osservare le striature di ciò che si fa sociale, la nascita di localismi, l’emergere di strutture a-razionali, di recuperi neo-comunitari, di una dimensione di socialità e socievolezza, nella quale le pratiche individuali s’innestano diluendosi, a volte, in un tutto comunitario, in una post massa che parla il linguaggio della moltitudine (Giovanni Boccia Artieri, 2005).

TV…  in origine dimensione simbolica d’inclusione nella società di quel paese, senso comunitario. Oggi ciascuno gioca per se. Non c’è più la ricerca della dimensione identitaria.

La stessa cosa con gli oggetti.. non valgono più per il valore oggettivo… ma per la marca.

Mondo… oggi liscio e veloce, fluido… seguendo la rete internet; in tutto questo è come se si perdessero le differenze a nome della sintesi. Il mc donalds offre sicurezza psicologica perché è lo stesso ovunque.

La percezione della realtà negli under 30 (a cura di Gallup):
– La realtà soggettiva spesso sovrascrive e/o discredita le fonti di informazione sul nostro futuro
– Facciamo un esempio: intorno al Summit sul clima di Copenhagen si è scatenata l’ondata di freddo più intensa degli ultimi anni… “farò tardi per la mia lezione sui cambiamenti climatici…”
– il 10% di persone che frequentano almeno 1 volta alla settimana una religione strutturata… credono nella loro religione… ma riescono a credere anche all’impossibile, se “passato” attraverso i giusti canali informativi

Costruire un futuro all’altezza della sfida…
– La schiacciante maggioranza dei cittadini europei ha persola fiducia nel futuro
– Il 64% crede che la vita diventerà molto più dura per le nuove generazioni
– In molti Paesi è altissima la percentuale che crede che il futuro porterà più diseguaglianze e meno lavoro

Le priorità politiche per i giovani italiani: immigrazione (la faccia dell’immigrato come simbolo di tutti i cambiamenti9 e disoccupazione!

In tutta Europa si diffondono i problemi per la sopravvivenza, rispecchia il trend mondiale.
Solo il 2% dei giovani si “attiva” e partecipa ad attività di volontariato. Solo l’1% è membro di un partito o attivista dei diritti umani o a favore dell’ambiente.

In realtà i giovani sono socialmente attivi, ma in forme diverse dalle canoniche… meno dentro la realtà, e più dentro ai media virtuali: il 24% dei giovani ha presentato la propria petizione on-line.

Il motore del cambiamento possibile: il consumo.

Per consumo critico si intende la pratica di organizzare le proprie abitudini di acquisto e di consumo in modo da accordare la propria preferenza ai prodotti che posseggono determinati requisiti di qualità differenti da quelli comunemente riconosciuti dal consumatore medio. In particolare il consumatore critico riconoscerà come componenti essenziali della qualità di un prodotto alcune caratteristiche delle sue modalità di produzione, ad esempio la sostenibilità ambientale del processo produttivo, l’eticità del trattamento accordato ai lavoratori, le caratteristiche dell’eventuale attività di lobbying politica dell’azienda produttrice.

Le prime righe sul consumo critico in Italia: 1990, “Lettera ad un consumatore del Nord

Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo pubblica con la EMI di Bologna un volumetto agile nel quale “impagina” schede-prodotti e volantini con i quali, dal 1987, aveva cominciato a spiegare i meccanismi del commercio internazionale. La lettera è scritta nello “stile di Barbiana” la scuola di don Lorenzo Milani.

Segue, inoltre, una sezione di servizio: elenco delle “botteghe Terzo Mondo” in Italia, come aprirne una, statuti tipo, dove/come chiedere i prodotti.

Il media-mondo dell’altroconsumo:
Per sfuggire allo spaesamento i consumatori critici hanno cominciato a disegnare in rete i propri mercati.
Sono comunità che:
-scambiano pratiche di consumo concrete ma anche informazioni
-costruiscono reti sociali
-risalgono le filiere produttive
-tornano dal virtuale alla terra, alla fabbrica, ricostruendo e rileggendo in chiave equitativa tutti i loro passaggi

Produrre, partecipare… cambiare.
Ripartire, quindi, da “quello che ho è realmente necessario?”, quello che ho è un motore, un volano per la comunità, per la costruzione della società.
Se ciascuno si preoccupasse se nel suo territorio si ha la possibilità di una gestione equilibrata, possibilmente governabile a livello locale, non per localismo, ma per un’idea di sovranità.
E’ necessario costruire l’ennesimo centro commerciale cacciando l’ultimo coltivatore esistente?
Chi l’ha detto che il trasversalismo transnazionale è l’unico modello.

Questo mondo, però… non è solo patinato, se “stacchiamo” il cervello dalla massa, riusciamo a vedere “altre” pratiche. Il commercio equo… risolve tutto da solo? Ci possiamo sentire a posto?

Dal 2 al 6 luglio 2009 s’è tenuto il GSott8 in Sardegna, proposte di alternative concrete e possibili, che arrivano “dal basso”.
E’ stata prodotta una “carta”:
– Produrre per le persone, ponendo il diritto al cibo, ai beni e ai servizi essenziali al centro delle politiche
– Valorizzare e adottare misure di protezione per salvaguardare i contadini, i piccoli produttori e i lavoratori di questi settori-Ricostruire spazi locali di produzione e di consumo
– Controllare democraticamente e localmente i territori e le loro risorse, le terre, l’acqua, i pascoli, i semi, le scorte e tutte le materie prime, rifiutandone la privatizzazione
– Rispettiamo l’ambiente e affrontiamo i cambiamenti climatici
– Battersi per il pagamento di un prezzo equo per i produttori, di un salario giusto per i lavoratori e contro la precarizzazione
– Garantire accesso al credito promuovendo, a partire dai consumatori e dalle imprese sociali e solidali, meccanismi di prefinanziamento e di finanza solidale
– Garantire trasparenza e tracciabilità delle produzioni e degli scambi

Riepilogando:
vista la crisi della produzione, la crisi dell’energia, la crisi di civilizzazione (conflitto tra popoli)…  al di là dell’ideologia, di cosa c’è veramente bisogno? Forse di un controllo democratico delle risorse, trasparenza e tracciabilità di ciò che produciamo?

Noi possiamo cominciare dal fare acquisti programmati e “progettati” in base a dei bisogni reali. Inoltre tutti noi possiamo sforzarci di capire cosa c’è dietro al nostro acquisto e valorizzare le imprese che praticano il prezzo giusto.
Basterebbe, ogni volta che andiamo a fare la spesa, farci delle domande e raccogliere informazioni su tutto quello che mettiamo nel carrello, su quello che paghiamo troppo caro, su come si forma il prezzo lungo la filiera distributiva!
L’instabilità sociale nel mondo è stata accentuata dai disequilibri creati dalle multinazionali; neanche a livello governativo dei paesi non si sta facendo nulla: rimane a noi… “partecipa”!

Per cui… comunicare, partecipare… contribuisce a cambiare!


♦ Diapositive utilizzate (file .ppt)

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