Ciao a tutte e a tutti.
Condivido questo testi di Marco Vincenzi, coordinatore dell’associazione “progetto sulla Soglia” di Vicenza,
come stimolo di riflessione…
Natale e nascita di Gesù, due prospettive antitetiche.
Finalmente 26 dicembre.
Ecco i tre pilastri attorno cui oggi in occidente fondiamo il festeggiare il natale.
Il primo è il principio cardine, che sottende gli altri due: stare con i propri, “natale con i tuoi”;
il secondo è mangiare fino alla nausea, la sovrabbondanza di cibo, sempre per e con il proprio clan familiare;
il terzo sono i regali ai propri familiari e amici, cose per lo più inutili o superflue, solo eccezionalmente offerte come segni frutto di autoproduzione, di ricondizionamento o riuso.
Coccaglio, BRESCIA – “…la caccia ai clandestini si fa in nome del Natale… l’operazione “White Christmas” per ripulire la cittadina dagli extracomunitari. Un nome scelto proprio perché l’operazione scade il 25 dicembre. E perché, spiega l’ideatore dell’operazione, assessore alla Sicurezza: “per me il Natale non è la festa dell’accoglienza, ma della tradizione cristiana, della nostra identità. Io sono credente, ho frequentato il collegio dai Salesiani”. È così che fino al 25 dicembre, a Coccaglio, poco meno di settemila abitanti, mille e 500 stranieri, i vigili vanno casa per casa a suonare il campanello di circa 400 extracomunitari. Quelli che hanno il permesso di soggiorno scaduto da sei mesi e che devono aver avviato le pratiche per il rinnovo. “Se non dimostrano di averlo fatto – dice il sindaco – la loro residenza viene revocata d’ufficio, vogliamo soltanto iniziare a fare pulizia”. “Il ministro dell’Interno è un uomo pratico – dice il sindaco di Coccaglio – ci ha dato dei consigli per attuare il provvedimento senza incorrere nei soliti ricorsi ai giudici”.” (tratto dalle cronache dei quotidiani del 18.11.2009) L’operazione White Christmas è in linea con il principio di fondo: stare con i “propri”; si è solo allargato il concetto di propri al paese, a chi è “dei nostri” come appartenenza etnica e sociale.
Ci scandalizziamo, ma la logica di fondo è la medesima. Hanno solo esagerato, estendendo il concetto dal club familiare-amicale a quello dei residenti ‘doc’. Inutile meravigliarci perché, da tempo, coltiviamo in piccolo lo stesso criterio.
Finalmente 26 dicembre, avranno detto in molti tra rifugiati e migranti.
Serve invece dire che la logica presentata dai vangeli attorno al nascere di Gesù è quanto di più diverso si possa immaginare. Giuseppe e Maria non stanno al chiuso di una loro dimora, ma nel mondo di presenze e umanità del luogo in cui sono capitati; non hanno al seguito familiari o amici, arrivano soli; trovano un riparo di fortuna come fuggitivi; ricevono visita da sconosciuti, vivono l’evento della nascita del figlio non privatamente, ma aperti al via vai della gente del posto.
Tre doni simbolici ricevuti da stranieri, poco cibo spartito e portato da qualche pastore impietosito del neonato, di quell’adolescente affaticata e di quell’uomo pensoso.
Una vera festa per Javhè che vede raggiunto l’apice della catena di discendenza, originata 1850 anni prima da un mediorientale con una moglie sterile che, senza conoscere Dio, raccoglie la sfida a uscire da se stesso e dalla propria terra senza certezze, affidandosi a una parola di futuro (Gn 12). Saranno 1850 anni di discendenza controversa e non certo ineccepibile, con vicende di famiglia ingarbugliate e sconce, figure poco presentabili, mescolamento a stranieri, nomi di donna – solitamente omessi – costretti a comparire nella lista ufficiale della discendenza come protagoniste (Mt 1).
Tutto per giungere a dire che la promessa antica è ora in quel piccolo ospite di una località palestinese, tanto da chiamarlo “parola fatta carne” ed “esegesi del Padre”(Gv 1,14.18). Ci penseranno i poteri forti a cercare da subito di toglierlo di mezzo, riuscendo a giustiziarlo mediante la tortura infamante della crocifissione dopo una trentina d’anni. Troppo tardi. Per questo siamo qui e ancora cerchiamo in quel corpo seviziato e in quel sangue versato il filo di futuro che ci viene da una discendenza meticcia.
26 dicembre 2009, marco vincenzi